PUSTAZZ: Veiled Fate è per discromatopsici?
#26 iPuzzillanimi - Dove si affronta un viaggio nella color blindness e la si vive come un'esperienza extra-sensoriale.
Se sei un fan della posta dei lettori, ma ti sei perso le prime due uscite di PUSTAZZ (in romagnolo: postaccio, la posta dei lettori) sei ancora in tempo per recuperarle: qui la prima e qui la seconda.
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Questa settimana non ci gireremo troppo intorno e andremo diretti alla domanda della nostra lettrice Stella, di nome e di fatto:
Cari Puzzillanimi ho mancato il kickstarter di Veiled Fate e vorrei chiedervi se voi l’avete provato e se mi suggerireste di recuperarlo o di dropparlo. Grazie.
Qui la nostra risposta:
Buongiorno Stella, intanto grazie per la domanda, tra le tantissime pervenute l’abbiamo scelta per due motivi. Il primo è che abbiamo provato Veiled Fate neppure troppo tempo fa e ne conserviamo un ricordo piuttosto vivido. Il secondo è che talvolta ci si dimentica che la disabilità esiste e che, di base, non sarebbe neppure una barriera se non la trattassimo come tale.
Tecnicamente, per rispondere all’interessantissima domanda di Stella dobbiamo per forza di cose fare un parallelismo tra Veiled Fate e Nel Nome della Rosa (di Stefan Feld). Chiameremo questo flashback “a color blindness experience”. Vogliate seguirci nell’antro della bestia.
Premessa: entrambi i giochi hanno una serie di aspetti in comune. Su tutti, si tratta di due titoli che appartengono allo stesso segmento: giochi in cui occorre spostare pedine colorate su una plancia a sentimento e/o a caso, più che alla bisogna. Per bluffare, dice. Ma: a caso a caso tutto il tempo? Sì.
Inoltre hanno entrambi uno sfondo religioso, impalpabile in partita, ma c’è: nel Nome della Rosa ci troviamo a stretto contatto con l’ordine dei benedettini mentre nelle orecchie risuonano canti gregoriani come nell’omonimo romanzo di Umberto Eco; di contro in Veiled Fate il setting è piuttosto grigio e apatico, quasi anonimo, e benché dominato da un culto politeista, i giocatori rinunciano immediatamente a chiamare i semidei con i loro nomi propri finendo per apostrofarli per colore. Ma neppure identificarli per colore è facile: abbiate fede, ora ci arriviamo.
Due parole sui materiali e sull’inquinamento che ne deriva: il gioco di Feld ha vent’anni e presenta tutti i tratti tipici di un prodotto a basso costo; l’antagonista invece è un blasonato kickstarter con tutte le cosine al loro posto: inquinamento medio se hai pledgiato la versione con standee e scatola lite; inquinamento elevato se hai speso 35 $ in più per delle inutili miniature; attentato all’ozono con inquinamento da elevatissimo a grado massimo se hai speso il triplo per ricevere delle miniature in metallo delle quali non potresti sbarazzarti nemmeno volendo scioglierle nel camino.
Ma veniamo al punto focale.
A color blindness experience: è il nome che abbiamo assegnato a questo flashback. Perché adottare un termine inglese? Perché fa figo e perché usando discromatopsia avremmo spaventato chiunque e respinto i clic al pari di come i bruti respingono la gentilezza.
A Milano se per una sera vuoi fare un gioco che tanto gioco non è, puoi partecipare a Dialogo nel buio. Di fatto fai quello che nella cultura anglosassone viene definito put yourself in their shoes. Ti metti nei panni di qualcun altro, in questo caso fai un percorso di affinamento dei quattro sensi, rinunciando a quello della vista: ti metti nei panni di un cieco.
Senza essere così drastici, Veiled Fate ti guida in un’esperienza per daltonici. I german classici ci hanno abituato a rosso/verde/blu, questo kickstarter di cui la nostra Stella sta valutando l’acquisto ti precipita in un disagio visivo: ti farà provare cosa proverebbe un discromatopsico e insieme agli amici seduti al tavolo cercherai disperatamente di distinguere la miniatura verdina da quella azzurrina e lo stesso per le accoppiate blu/nero e rosso/beige sui simboli delle carte - dove la ciliegina sulla torta sarà data dagli sfondi neri che non ti aiuteranno a discernere meglio, ma peggio.
E’ raro vedere giochi così, è ancora più raro in giochi così il non riuscire a distinguere i colori delle rispettive miniature.
Sintesi: cara Stella non è soltanto per il gameplay sciatto. E’ prima di tutto per mancanza di color friendliness che ti suggeriamo di droppare questo titolo di cui hai fortunatamente mancato il crowdfunding.
O se proprio proprio tieni al genere, allora ti suggeriamo l’omologo di Feld che perlomeno può avere un senso intavolare.
A presto e soprattutto grazie per averci sottoposto il tuo dubbio.
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